Un edificio da non sottovalutare

Sopralluogo di qualche giorno fa al cantiere della (nuova? Ex?) Sede dell’Amministrazione Provinciale di Siena finalizzato alla conclusione del “parziale” collaudo amministrativo dell’opera.

Ogni volta che faccio visita al cantiere vengo sopraffatto da sentimenti contrapposti: di estrema soddisfazione nel vedere realizzato, anche se solo in parte (direi anche bene e con cura) quanto con fatica e passione abbiamo progettato; ma anche rabbia e frustrazione per le condizioni in cui versa ormai da tempo il tutto senza che si riesca ad intravedere una qualche via d’uscita. Quest’ultimo sentimento, purtroppo, prende sistematicamente il sopravvento sull’altro e non potrebbe essere diversamente.

Il complesso, per quello che si intravede da Viale Sardegna, risulta pressoché finito: rivestimenti, infissi, coperture, sono stati completati, ma internamente la struttura è ancora al grezzo: nessuna finitura di alcun tipo è presente (pavimenti, intonaci, rivestimenti, ecc.) e nessun tipo di impianto. Al di là della recinzione metallica che delimita il marciapiede, nello spazio esterno non visibile dalla strada, non è stata completata alcuna sistemazione. Nonostante tutti gli accorgimenti presi, l’intera struttura, con il passare del tempo, rischia concretamente di vedere aggravato il suo già evidente stato di degrado. Ma quello che preoccupa di più è l’assoluta mancanza di qualsiasi strategia sul futuro di questo edificio che dopo i proclami iniziali sembra essere divenuto per gli amministratori solo una zavorra della quale liberarsi il più presto possibile.

La storia è nota. Con la riforma (mancata) delle Provincie è venuta meno la principale motivazione al completamento dell’opera e la crisi irreversibile della Fondazione Mps (che avrebbe dovuto finanziare l’ultima tranche per il completamento) ha fornito il colpo di grazia alla possibilità di vedere attuato il progetto di nuovi uffici pubblici accessibili e moderni. Da allora in poi solo una ridda, alquanto incontrollata, di ipotesi sul possibile futuro utilizzo del complesso. Ipotesi e proposte per lo più strampalate e buttate la senza alcuna strategia complessiva di livello urbanistico e nessuna consapevolezza architettonico spaziale. Mi domando allora se sia veramente così difficile ed ancora possibile (come mi auguro) costruire su tale questione una strategia che tenga conto degli obiettivi iniziali che hanno portato alla decisione di realizzare questa struttura e delle strategie urbanistiche che sono state alla sua base. Prima il Prg di Bernardo Secchi, poi il Piano Strutturale ed il Regolamento Urbanistico hanno ribadito che l’interesse dell’Amministrazione comunale è quello di promuovere “la formazione di nuovi poli attuatori nell’area dello scalo merci” (…) oltre a quello di “aumentare la presenza di servizi di livello sovracomunale in prossimità degli attracchi del TPL su ferro e su gomma”. (…) L’area essendo in massima parte libera e non presentando regole insediative definite si presta ad essere luogo di sperimentazione di nuovi tipi edilizi e di realizzazione di edifici speciali.  Appare del tutto evidente che l’edificio di Viale Sardegna ha puntato con decisione al raggiungimento di tali obiettivi. Inoltre il suo elevato livello di accessibilità, sia pedonale che carrabile, oltre alla sua prossimità con la Stazione Ferroviaria e con il recente nuovo Terminal Bus di Via Lombardi ne fanno un edificio strategico sotto molti punti di vista, non ultimo quello sismico, in riferimento al quale giova ricordare come l’incremento (significativo) dei costi della struttura in c.a. siano conseguenti alla decisione in corso d’opera di adeguare la struttura ai criteri di sicurezza previsti dalla normativa allo scopo di svolgere funzione di protezione civile e garantendo con ciò, in caso di sisma, l’assistenza sanitaria alla popolazione.

Alla luce di tutto ciò sembrerebbe pertanto alquanto solare ed evidente che l’edificio di Viale Sardegna debba essere considerato un naturale “contenitore di servizi di tipo pubblico” da non sottovalutare ma, soprattutto, da non svendere.